per la ricomposizione delle solitudini globali
La Trappola della Rana Bollita
La metafora della rana bollita di Noam Chomsky come destino del cittadino globale
La metafora della rana bollita è un principio che il filosofo e attivista Noam Chomsky ha usato per descrivere la capacità dell’essere umano di adattarsi a situazioni negative e dannose senza reagire, se il cambiamento avviene in modo graduale e impercettibile. Secondo Chomsky, questo principio si applica alla società attuale, dove i cittadini sono manipolati e controllati dai poteri economici, politici e mediatici, e accettano passivamente il degrado, le ingiustizie, la perdita di libertà e di valori.
Per illustrare questo principio, Chomsky racconta l’esperimento di una rana che viene messa in una pentola di acqua fredda e poi riscaldata lentamente fino a bollire. La rana non si accorge del cambiamento di temperatura e non cerca di scappare, finendo per morire bollita. Se invece la rana fosse stata gettata direttamente in una pentola di acqua bollente, avrebbe reagito e sarebbe saltata fuori.
L’esperimento della rana bollita viene spesso utilizzato come metafora per descrivere il comportamento delle persone inerti, immobili, remissive, rinunciatarie, noncuranti, che si deresponsabilizzano di fronte alle scelte quotidiane di vita. Tuttavia, il principio della rana bollita può essere applicato anche in altri contesti, come ad esempio per descrivere il comportamento delle persone che si adattano a situazioni di lavoro stressanti o insoddisfacenti, senza cercare di migliorare la propria situazione.
In sintesi, l’esperimento è un esempio metaforico che descrive la capacità dell’essere umano di adattarsi a situazioni spiacevoli e deleterie senza reagire, se non quando ormai è troppo tardi. Questo principio può essere applicato in diversi contesti, come ad esempio per descrivere il comportamento delle persone inerti o che si adattano a situazioni di lavoro stressanti o insoddisfacenti.
Un insegnamento importante che deriva dalla storia della rana bollita riguarda il cambiamento: bisogna cioè sempre dare un colpo di zampa e saltare fuori dal pentolone quando le abitudini diventano una trappola pericolosa.
Questa storia ci insegna anche un’altra cosa sulla natura degli esseri umani: l’uomo è come le rane, vale a dire che tende molto facilmente ad abituarsi e ha difficoltà a fare il salto per uscire dal pentolone dell’abitudine.
In verità l’esperimento della rana bollita risale ad una ricerca condotta dal “John Hopkins University” nel lontano 1882. Durante un esperimento, alcuni ricercatori americani notarono che lanciando una rana in una pentola di acqua bollente, questa inevitabilmente saltava fuori per trarsi in salvo. Al contrario, mettendo la rana in una pentola di acqua fredda e riscaldando la pentola lentamente ma in modo costante, la rana finiva inevitabilmente bollita.
“Lo sviluppo della nostra civiltà ha prodotto cose meravigliose: l’assoggettamento dell’energia fisica, le macchine industriali sempre più automatizzate e informatizzate, gli elettrodomestici che liberano le famiglie dai compiti più servili, il benessere, le comodità, prodotti di consumo estremamente diversificati, l’automobile (che, come dice il suo nome, dà l’autonomia alla mobilità), l’aereo, che ci fa divorare lo spazio, la televisione, finestra aperta sul mondo reale e i sui mondi immaginari…
Questo sviluppo ha consentito la fioritura degli individui, l’intimità nell’amore e nell’amicizia, la comunicazione tra individuo e individuo, la telecomunicazione fra tutti gli individui. Ma questo stesso sviluppo produce anche l’atomizzazione degli individui, che perdono le vecchie solidarietà senza acquisirne di nuove, che non siano anonime e amministrative.
Lo sviluppo dell’area tecno-burocratica provoca la generalizzazione del lavoro parcellizzato senza iniziativa, senza responsabilità, senza interesse. Il tempo cronometrato, il tempo precipitato fanno scomparire la disponibilità, i ritmi naturali e tranquilli. La fretta scaccia la riflessione e la meditazione. La megamacchina burocratico-tecnico-industriale coinvolge un numero sempre maggiore di attività. Obbliga gli individui a obbedire alle prescrizioni, alle ingiunzioni, ai suoi formulari. Non sappiamo come dialogare con i suoi poteri autonomi. Non sappiamo come correggere i suoi errori, non sappiamo a quale ufficio, a quale sportello rivolgerci. La meccanizzazione assume il controllo di ciò che non è meccanico: la complessità umana. L’esistenza concreta è oppressa e presa in giro. Il regno anonimo progredisce insieme al regno anonimo della tecno-burocrazia. Gli agenti stimolanti sono anche agenti disintegratori: lo spirito di competizione e la voglia di successo sviluppano l’egoismo e dissolvono la solidarietà.
La città dalle mille luci, che offre libertà e varietà, diventa anche una città tentacolare i cui vincoli, come la routine letto/ufficio/metropolitana, soffocano l’esistenza e in cui gli stress accumulati esauriscono i nervi.”
Edgar Morin (“Terra-Patria” – 1993)